Ego Branding: il ‘lato oscuro’ del personal branding

AUTORE:

Marco Tomasone

Ne hai sentito parlare in ogni dove. Il personal branding è utile. È la nuova frontiera. È fondamentale per lo sviluppo della tua carriera e la conquista di nuovi clienti.

Hai letto qualche post. Sfogliato un paio di libri, partecipato a corsi. Ti senti pronto per iniziare questo nuovo percorso.

L’errore che molti commettono è quello di confondere l’attività di personal branding con quella di consolidamento del proprio ego.
I buoni propositi iniziali lasciano il passo ad una serie di azioni mirate esclusivamente al rafforzamento della propria immagine con buona pace del parere altrui, dell’apporto di valore e della costruzione di credibilità; pilastri conclamati del “vero” personal branding.

In buona sostanza si finisce col fare quello che definisco “Ego Branding“.

L’Ego Branding è il nemico del personal branding. Il suo ‘lato oscuro’. Porta con sé una lunga serie di implicazioni negative che, piano piano, danneggeranno il tuo personal brand fino a farlo percepire come insopportabile ed antipatico.

 

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Spesso l’Ego Branding prende il sopravvento in maniera inconsapevole. Molti ne sono affetti senza rendersene conto. Ecco quindi 10 sintomi classici per capire se hai virato verso l’esaltazione del tuo io, perdendo di vista il vero obiettivo del personal branding.

1 – Egoismo social

Parli sempre e solo di te. Gli altri non ti interessano. Non condividi i loro post, né perdi tempo a fornire ‘like’ o consigliare contenuti diversi dal tuo. Complimentarti per un successo altrui poi è un’idea che non ti sfiora minimamente.
L’unica cosa che ti concedi è qualche sortita in quei post dove vieni ‘taggato’ e citato (ovviamente in positivo). Supporti anche gli altri! L’interazione è la base del saper vivere nei social.

2. Carnevale per sempre

Vai in giro come una rock star. Ti senti una rock star. Colori sgargianti, accessori improbabili, tagli di capelli che farebbero impallidire Stash. Sei convinto che l’aspetto esteriore sia fondamentale per consolidare il tuo brand e fissare il tuo personaggio nella mente. Per molti è cosi, per altri sarai semplicemente una maschera carnevalesca.


3. Sindrome da GPS

Tieni aggiornati i tuoi follower su ogni tuo spostamento (rigorosamente con cartina geografica annessa) nemmeno fossi il C.C.I.S.S. Viaggiare Informati. Farsi percepire sempre in movimento, oberato di impegni cui faticosamente devi tener testa è la tua nuova sfida social. Ma quanto pensi interessi al tuo pubblico? Poco. Quasi niente. Evita.
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4. Sindrome da Luna di Miele

Ogni evento cui partecipi (come relatore o semplice spettatore) diventa il pretesto per una moltitudine di post (per lo più fotografici) che partono dal “quasi tutto pronto” al “siamo pronti” passando per il “manca poco” fino al “ci siamo”. Un reportage completo della tua giornata dove -ovviamente- al centro di ogni scatto ci sei tu. Interessante quasi quanto l’album fotografico del viaggio di nozze di Maria De Filippi. Ma svegliati!

5. Egoismo

A quando risale il tuo ultimo post con un contenuto di valore? Da quanto tempo non scrivi qualcosa di veramente interessante? Ormai pubblichi solo citazioni, auto-citazioni, selfie, GIF e Meme che non servono a nulla, ma soddisfano appieno la tua dose minima giornaliera di engagement. Ben venga l’ironia, va bene alleggerire i toni per non farsi percepire come pesante e monotono, ma a tutto c’è un limite. Anche basta.

6. Saccenza e Cecità

Logica conseguenza del punto 5. Se ti rendi conto di non avere più argomenti interessanti inizi a parlare di cose che non conosci. Convinto che il tuo status di “guru del settore” possa in un certo qual modo farti da scudo ad eventuali critiche, inizi a disquisire di tematiche lontane dal tuo obiettivo. La cosa genererà delle crepe nella tua percezione. Ma tu continuerai imperterrito. Sappi che, anche se nessuno te lo dirà mai, tutti inizieranno a dubitare della tua credibilità. Stai attento!

7. Sindrome dell’influencer

Nei profili di chi fa Ego Branding c’è un dato che salta agli occhi con la stessa rapidità di una mosca su una montagna di farina. Sto parlando dell’elevatissimo numero di fan/follower/seguaci/adepti che nel giro di qualche giorno passano magicamente da poche centinaia a cifre con tre zeri. Chi punta sull’autoesaltazione, almeno una volta nella vita, ha comprato follower un tot al chilo. Tu negherai. Negherai sempre, ma la mancanza di interazione, la provenienza geografica esotica e lo scarso coinvolgimento dei tuoi “settordicimila” fan urleranno sempre il contrario. Piacere, anche se a pagamento, ad una base ampia di persone (ammesso che lo siano) ti fa sentire appagato. Non sta bene!

8. Narcisismo digitale

Arricchisci i tuoi post con il detestabile uso dell’self-like. La massima espressione del narcisismo virtuale. Pubblichi una foto, un post, un articolo ed il primo ‘mi piace’ è sempre il tuo. Che senso ha? Pubblicheresti mai qualcosa che non apprezzi? Sei talmente assuefatto a questa idea che quando al mattino ti guardi allo specchio, resti sconcertato dal non trovare il bottone ‘mi piace’ da qualche parte. Torna in te.

9. Sindrome di Pinocchio

 

Tutti diciamo qualche bugia. Ma tu ultimamente stai esagerando. Gonfi numeri, inventi trionfi, spacci incontri casuali per appuntamenti di lavoro. La sindrome di Pinocchio ormai è dentro di te. Sei pronto ad inventare storie (il famoso ‘storytelling’ ma quello brutto) dietro fantomatiche mail di clienti con richieste assurde ed improbabili, utili solo a sottolineare la tua professionalità e disponibilità. Ricorda che il personal branding è prima di tutto sincerità. Fata turchina pensaci tu.


10. Immunità al disagio

 

Se non hai provato un minimo di disagio leggendo questo articolo, se non ti sei sentito chiamato in causa nemmeno una volta, vuol dire che il virus dell’Ego Branding è già dentro di te. Ha preso il pieno controllo del tuo personal branding. Ma non temere. Non è mai troppo tardi per tentare una guarigione. Ripensa a cosa significa veramente fare personal branding. La valorizzazione del proprio brand può avvenire solo in contesti collettivi. Il singolo non può esaltare la propria unicità ed utilità se non in relazione agli altri. Buona guarigione!

AUTORE:

Marco Tomasone

Trovate la VERSIONE ORIGINALE di questo articolo al seguente link Articolo Originale

(L’articolo precedentemente indicato era una versione spagnola sempre fornita da Marco Tomasone)

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